martedì 25 settembre 2012

FESTA DEI FRUTTI DIMENTICATI

Dal 1991 si svolge a Casola Valsenio la “Festa dei Frutti Dimenticati”. Dal sabato pomeriggio alla domenica sera gli agricoltori casolani commercializzano su bancarelle allestite nelle strade e nelle piazze del centro storico i frutti autunnali raccolti da vecchie piante sopravvissute ai mutamenti colturali o da nuove piante collocate dopo la ripresa di interesse verso l'alimentazione contadina di un tempo.
Si tratta di azzeruole, noci, avellane, prugnoli, mele della rosa, corniole, melegrane, corbezzole, giuggiole, pere volpine, cotogni, marroni e nespole proposti sia al naturale che lavorati sotto forma di confetture, cotognate, brodo di giuggiole e così via. Si accompagnano ad allestimenti, decorazioni e ricostruzioni che rimandano alle atmosfere del mondo rurale di un tempo.


                         

lunedì 24 settembre 2012

Indice Frutti dimenticati

Nome comune:Azzeruolo
Nome botanico:Crataegus azarolus L.
Famiglia:Rosaceae
Nome dialettale: Pom Rejèl

   
Nome dialettale: castâgna, marôn
  
Nome comune:Corbezzolo
Nome botanico:Arbutus unedo L.
Famiglia:Ericaceae
Nome dialettale:Corbezzol, Corbezzel
 
Nome comune:Corniolo
Nome botanico:Cornus mas L.
Famiglia:Cornaceae
Nome dialettalee:Cornél, Corgnolo
Nome comune:Mela e/o pera cotogna
Nome botanico:Cydonia oblonga L.
Famiglia:Rosaceae
Nome dialettale:Mel cudogn
Nome comune:Giuggiolo
Nome botanico:Zizyphus sativa Gaertner
Famiglia:Ramnaceae.
Nome dialettale:Zizel, zezzul, zozla
Nome comune:Lampone
Nome botanico:Rubus idaeus L.
Famiglia:Rosaceae
Nome dialettale:Frambos, Framboa
Nome dialettale: amândla, mândla, amândula
Nome dialettale: Méla
Nome comune:Mela da rosa
Nome botanico:Pyrus malus L.
Famiglia:Rosaceae
Nome dialettale:Méla
Nome comune:Melograno
Nome botanico:Punica granatum L.
Famiglia:Punicaceae
Nome dialettale:Melagarnè
Nome dialettale: Môra
Nome comune:Nespolo 
Nome botanico:Mespilus germanica L. 
Famiglia:Rosaceae
Nome dialettale:Nespola, Nespula

Nome dialettale: Avulâna
Nome dialettale: Nusa, nòsa, cocla
Nome comune:Pera volpina 
Nome botanico:Pyrus communis L.
Famiglia:Rosaceae  
Nome dialettale:Pera volpèna
Nome comune:Prugnola
Nome botanico:Prunus spinosa L.
Famiglia:Rosaceae
Nome dialettale:Brugnò,Brugnol                                                                                     
                           
Nome comune:Sorba 
Nome botanico:Sorbus Domestica L. 
Famiglia:Rosaceae  
Nome dialettale:Sorb, Sorbel
Nome dialettale: amândla, mândla, amândula

La Festa dei frutti dimenticati

I prodotti delle piante da frutto domestiche o spontanee che un tempo crescevano vicino alle case coloniche, nei campi o nei boschi, erano destinate, quasi esclusivamente, al consumo domestico o al piccolo mercato locale così che erano un tutt’uno con la cultura, la mentalità e i modi di vita della popolazione contadina del passato, condividendone anche la repentina scomparsa.
Oggi mangiare castagne, noci, nocciole, sorbe, giuggiole, corniole, mele da rosa, pere volpine, azzeruole, melagrane e così via, rappresenta un piacere del palato ed un recupero del patrimonio culturale e materiale del passato, a cominciare dalle abitudini alimentari che portavano a consumare quei frutti, conservati nei solai, nelle lunghe e fredde sere di veglia. 
Frutti che aiutavano anche a combattere meglio il freddo dell’inverno grazie al loro potere calorico: il gheriglio della noce, ad esempio, costituisce un alimento quasi completo, con un altissimo numero di calorie.
Questi frutti rappresentavano gli strumenti della sopravvivenza anche dal punto di vista psicologico: mettere al riparo nei grandi solai noci, avellane, mandorle, castagne, melegrane, nespole, pere, mele e sorbe, in attesa della maturazione o per la conservazione dava sicurezza e permetteva di affrontare l’inverno con la consapevolezza che, in ogni caso, c’era qualcosa da mangiare, così com’era o insieme al pane.
Oggi ritornano, grazie ad agricoltori che, per amore o nostalgia del passato, hanno sollevato dalla morte vecchie piante o ne hanno collocate di nuove grazie anche ad iniziative come quella della "Festa dei frutti dimenticati" di Casola Valsenio.
Una festa che li ripropone all’attenzione di turisti, visitatori, studiosi e di chi non li ha finora conosciuti sotto l’aspetto alimentare, ma solo come elementi identificativi di una condizione ambientale ed umana tipica della collina faentina fino alla metà di questo secolo.
Recuperando i frutti di un tempo non si ritrovano solo i sapori del passato, ma si recupera anche un mondo fisico e culturale che ci riavvicina alla natura, ad un modo di vivere e di alimentarci più semplice e più sano e che permette anche di riallacciare i legami con la cultura popolare contadina in tutte le sue espressioni così da poter ricordare e capire il passato.

Come arrivare alla festa

domenica 23 settembre 2012

Lampone

Habitat
Si sviluppa nelle zone montane caratterizzate da terreni acidi,ricchi di sostanza organica. È distribuito in tutta l'Europa centrale e settentrionale, nell'Asia nord occidentale e nell'America settentrionale. In Emilia Romagna si trova al margine e nelle radure di boschi di faggio dove svolge un'attiva colonizzazione. Predilige le zone lasciate scoperte dalla vegetazione arborea, in cui diventa invadente grazie alla sua capacità pollonifera. Lo si trova dai 7OO-8OO m di quota fino al limite delle aree occupate dalle specie superiori.

DESCRIZIONE BOTANICA
Il lampone è un piccolo arbusto che può svilupparsi in altezza da 7O-8O cm fino a 1OO-2OO cm. Il fusto è ricoperto di piccole spine e le foglie sono costituite da 3-5 foglioline leggermente seghettate ai margini. La lamina superiore è verde mentre quella inferiore è bianca-argentea. I fiori, raccolti in racemi sono bianco rosati. Il frutto è una piccola drupa di colore rosato che diventa rossa alla maturazione. In questa fase si stacca dal ricettacolo che resta sulla pianta.

Varietà
Esistono diverse cultivar di lamponi che si differenziano per l'adattabilità all'ambiente, i caratteri morfologici delle piante e dei frutti. Secondo alcuni ricercatori i caratteri principali per valutare una cultivar di lampone sono i seguenti:
- buona adattabilità all'ambiente,
- buona produttività,
- resistenza alle malattie e ai parassiti,
- media attività pollonifera e buona vigoria,
- assenza di cascola e sgranabilità dei frutti,
- maturazione uniforme,
- colore dei frutti dal rosso chiaro al rosso brillante,
- forma rotondeggiante e resistenza dei frutti alla manipolazione e alla conservazione,
- idoneità al consumo fresco e alla surgelazione.
Per la coltivazione in ambiente montano le cultivar devono germogliare e fiorire in stagione medio tardiva. Vi sono varietà che fioriscono e producono solo su tralci (unifere); altre invece (rifiorenti) producono una prima volta sulla estremità del pollone dell'anno (autunno) e una seconda volta sulla porzione rimanente del ramo (estate sucessiva). Si riportano tabelle riassuntive del periodo di maturazione e raccolta e delle caratteristiche di alcune cultivar. (Tabelle tratte da "Frutti Minori" Regione Emilia Romagna)

TECNICA COLTURALE

Terreno
Preferisce terreni fertili, freschi, ricchi di sostanza organica e una percentuale di calcare attivo che non può superare il 5-6 %. Il pH ideale è circa 6-6,5. Le piante sopportano bene il freddo e questo permette di coltivarle anche a quote elevate. Resiste bene anche alle alte temperature estive anche se occorre irrigare per evitare di compromettere lo sviluppo dei tralci e la dimensione dei frutti.
Propagazione
Il lampone si moltiplica mediante polloni radicali staccati dalla pianta madre dal mese di novembre al mese di marzo, cercando di non rompere le radichette. Si può moltiplicare anche per propaggine semplice e propaggine apicale; quest'ultima permette di ottenere risultati migliori soprattutto se si esegue nel mese di agosto -settembre. In primavera le nuove piantine potranno essere staccate dalla pianta madre e piantate a dimora.

Allevamento
La messa a dimora delle piantine si effettua da novembre a marzo dopo aver apportato 5OO ql ad ettaro di letame. È consigliabile comunque il periodo autunnale per avere una pronta ripresa vegetativa all'inizio della primavera. Le piante, dopo la messa a dimora, vanno tagliate a 2O-3O cm dal suolo.
Il sesto di impianto è di 2,5 m tra le fila e di 5O cm lungo la fila ed è bene non scendere al di sotto di queste distanze.
Esistono due sistemi di allevamento, a "V" e a controspaliera. Nel primo caso i pali di sostegno vanno posti a 7-8 m l'uno dall'altro e serviranno per sostenere i cavetti che mantengono in posizione eretta i tralci.
Le traverse che sostengono tali cavetti non devono essere fisse in modo da poterle alzare ed abbassare per mantenere all'interno dei cavetti anche i nuovi polloni.
Nel secondo sistema i pali di sostegno vanno posti a 5-6 m di distanza l'uno dall'altro e su di essi vanno fissati 2 fili, possibilmente plastificati, posti all'altezza di 6O-8O cm e 15O-16O cm. Su questi vanno legati i tralci La potatura va differenziata fra cultivar unifere e rifiorenti.
Nel primo caso le piante producono sui tralci formatisi nella stagione precedente, e quindi vanno eliminati i rami vecchi che hanno già prodotto, mentre vanno diradati i nuovi polloni lasciandone solo 7-8 per metro accorciandoli al di sopra del secondo filo avendo cura di salvare quelli meglio lignificati.
Questa operazione va effettuata dopo la raccolta o in inverno, mentre in primavera inoltrata è opportuno eseguire la spuntatura dei tralci dell'anno. Vanno eliminati i germogli fruttiferi che crescono al di sotto dei 6O-/7O cm. Per le cultivar rifiorenti si dovrà procedere alla potatura in due fasi: la prima volta in inverno eliminando la porzione di tralcio che ha prodotto, e la seconda volta dopo la fruttificazione, che si realizza l'estate successiva, togliendo tutto il ramo.
Alcuni ricercatori suggeriscono, per ridurre i costi di manodopera, di effettuare un'unica produzione tagliando raso tutte le piante dopo la fruttificazione autunnale, ottenendo ugualmente una buona produzione. In primavera si eseguiranno diradamenti dei polloni.
La concimazione si effettua prevalentemente con letame e con concimi di sintesi solo se necessario. Le concimazioni azotate si effettuano alla ripresa vegetativa e dopo la raccolta. Nella fase di produzione si può eseguire l'inerbimento dell'interfila lavorando solo il filare, ricorrendo all'irrigazione per garantire un'uniformità di produzione.

Avversità Le principali avversità vengono riportate nella tabella a fianco tratta da "FRUTTI MINORI", Ed. A.R.F.E.R.

UTILIZZAZIONE
I frutti di lampone sono molto delicati e deteriorabili ed è quindi necessario ridurre le manipolazioni. Vengono selezionati, confezionati e refrigerati nel più breve tempo possibile. La produzione di un ettaro può raggiungere i 7O-12O q di prodotto fresco. La raccolta si effettua quasi sempre a mano a causa della mancanza di cultivar idonee per la raccolta a macchina. I frutti possono essere utilizzati allo stato fresco o surgelati e possono servire per la preparazione di confetture.

Giuggiolo



HABITAT

Il giuggiolo è una pianta arborea originaria della Cina Settentrionale o come sostengono alcuni autori, della Cina centro-occidentale; è presente in Asia centrale (Afghanistan). È spontanea in Pakistan, Mongolia, Armenia. In Italia è presente soprattutto nelle regioni meridionali dove si trova talvolta naturalizzata o subspontanea.

DESCRIZIONE BOTANICA
Il giuggiolo è un albero o un piccolo arbusto da frutto di altezza compresa fra i 2 e i 5 metri con casi di piante alte anche 8 metri. L'apparato radicale è fascicolato, molto sviluppato con fusto contorto di colore grigio scuro.
La pianta ha ramificazione tortuosa con le branche principali vigorose di colore rosso bruno.I giovani rami di colore verde, sono penduli e flessibili presentando a livello dei nodi un paio di spine,una lunga e diritta e una corta e ricurva. Con l'invecchiamento i rami cambiano colore diventando rosso bruno come il tronco.
I rami laterali hanno andamento scorpioide e si originano all'ascella delle foglie, portano rami fioriferi con alla base 1 foglia e 2 spine; i rami di prolungamento sono formati dall'asse centrale che differenzia ai nodi 1 foglia con due spine. La pianta presenta branche secondarie e ramificazioni con andamento a zig zag, portanti ad ogni nodo delle protuberanze dalle quali ogni anno emergono i nuovi germogli recanti foglie e fiori ascellari.
Le protuberanze si ingrossano ad ogni ciclo vegetativo, diventando dei tubercoli legnosi con le cicatrici dei precedenti assi.
Il rinnovo della vegetazione avviene in corrispondenza dei centri di crescita posti agli apici dei rami e la fruttificazione sempre negli stessi punti. Le foglie hanno forme ovato-oblunghe, lunghe circa 4-5 cm, finemente dentate, sono poste in modo alterno sui rami; sono glabre (prive di peli), lucide e con corto picciolo.
I fiori piccoli e insignificanti, sono riuniti in numero di 2-9 all'ascella delle foglie e compaiono alla fine della primavera. Il frutto è una drupa ovale, o sferica di colore rossastro o bruno, con polpa bianca e un corto picciolo. All'interno del frutto trova posto un nocciolo allungato e a volte appuntito contenente due semi. Il sapore della polpa inizialmente è acidula, diventando dolce a maturazione.

BIOLOGIA E STADI FENOLOGICI

Il risveglio vegetativo avviene alla fine di maggio.La fioritura è scalare iniziando all'inizio di giugno e terminando alla fine di luglio, inizio di agosto. Anche la maturazione è scalare e avviene con il fenomeno dell'invaiatura, cioè con la comparsa sui frutti verdi di piccole macchie bruno marrone, che via via diventano sempre più grandi. I primi frutti maturi compaiono fra la fine di agosto e gli ultimi di ottobre. L'indurimento del nocciolo si verifica nei 4O-5O giorni dopo la piena fioritura mentre la maturazione del frutto avviene dopo 12O-13O giorni. La fioritura sullo stesso ramo è asincrona, iniziando dai boccioli fiorali basali e proseguendo verso quelli apicali. Da studi fatti da Arkman e Donno, sembra che gli insetti non abbiano nessuna influenza sull'impollinazione. La deiscenza del polline avviene all'apertura del fiore mentre la recettività dello stigma, l'emissione del nettare, nel corso del secondo giorno. Il periodo di fertilità è di circa 2O-24 ore. Elevata è la presenza di frutti partenocarpici (prodotti senza l'intervento della fecondazione) posizionati quasi sempre alla base del rametto, e in alcune annate questo fenomeno può arrivare al 95 %. Vi sono cultivar di giuggiolo completamente autosterili. Causa il diverso momento della fioritura, il breve periodo di recettività dello stigma e la presenza di cultivar autoincompatibili e una fertilità poco elevata, la percentuale dei frutti allegati è bassa (1-2 %). Si raggiungono allegagioni del 3O % con impollinazione incrociata tra cultivar fiorenti nei diversi momenti della giornata. Solo queste cultivar con impollinazione incrociata hanno semi sviluppati ed embrioni normali. I frutti partenocarpici sono privi di semi e i frutti provenienti da autofecondazione contengono una percentuale bassa di embrioni.

Varietà
Le varietà di giuggioli presenti in natura sono numerose ed è difficile precisarne il numero. In Cina nel XVII secolo ne sono state segnalate circa 43. Un pò in tutto il mondo sono stati fatti lavori di miglioramento genetico ottenendo diverse cultivar e/o cloni diffusi nelle nazioni di appartenenza. La classificazione principale delle cultivar in Italia avviene in funzione delle forme dei frutti: cultivar a frutto tondo, cultivar a frutto lungo.
Le caratteristiche per le cultivar "a frutto lungo" sono le seguenti:
- forma subpiramidale tronca, allungata all'apice;
- buccia colore rossiccio, lucida, con spessore consistente.
A maturazione eccessiva dei frutti questa diventa grinzosa schiacciandosi sul nocciolo. A questo stadio diventa facile separarla dalla polpa.
- Polpa di colore bianco crema, tenera, aromatica di sapore gradevole, ben aderente al nocciolo.
- Nocciolo appuntito.
- Dimensioni del frutto:
altezza da 2 a 2.9 cm
larghezza da 1,6 a 2 cm
spessore da 1,5 a 1,8 cm
Il peso di cento frutti freschi si aggira fra i 33O e i 4OO gr.
Le caratteristiche per le coltivazioni "a frutto tondo" sono le seguenti:
- forma subsferica;
- buccia di colore bruno rossiccio, molto lucente e di minor spessore rispetto alla cultivar precedente, separabile dalla polpa;
- polpa colore bianco crema, verdastra nei frutti non completamente maturi, tenera, aderente al nocciolo;
- cavità peduncolare: chiusa e ben suberificata.
- Dimensioni del frutto:
altezza 1.5-2 cm
larghezza 1,4-2 cm
spessore O,6-O,7 cm
Il maggior numero di cultivar sono presenti in Unione Sovietica, in Cina e negli Stati Uniti. Interessante è la cultivar cinese"Li" dove 3O, 4O frutti pesano 1 Kg.

TECNICA COLTURALE

Condizioni climatiche
I climi migliori per lo sviluppo del giuggiolo sono quelli temperato caldo, con una lunga stagione estiva, anche se con poche precipitazioni. La pianta in riposo vegetativo non teme le basse temperature, resiste anche a -25°C con danni minimi. Le temperature estive, anche di 4O°C, non arrecano nessun danno. Risultano invece pericolose le temperature intorno ai 0°C o sotto nei mesi autunnali, e per questo motivo l'areale di coltivazione viene ad essere limitato soprattutto per alcune cultivar.
Terreno
Il giuggiolo è sempre stato conosciuto come pianta valorizzatrice di suoli aridi ed incolti. Non predilige terreni eccessivamente argillosi, alcalini, con fenomeni di ristagno idrico, sui quali subisce ritardi di crescita o scarso sviluppo (stenta a crescere).

Propagazione
Per ottenere molte piante si può ricorrere sia alla moltiplicazione sia alla riproduzione con seme. L'impiego di seme è una tecnica non molto utilizzata in quanto, come si è visto nei paragrafi precedenti, non sempre si hanno frutti con semi fertili. La germinabilità del seme è collegata all'andamento climatico e al periodo di allegagione dei frutti (giugno è il mese migliore), se i semi provengono da auto o interfecondazione. Inoltre le piante ottenute da seme sembrano più lente nella loro crescita. I semi per germinare impiegano, in condizioni naturali, spesso 2 anni e per accorciare questi tempi si ricorre alla stratificazione in sabbia umida con temperature di 2O-25°C per 3-4 settimane; alla scarificazione con ac. solforico conc. per 2-6 ore e stratificazione a 5°C per 6O-9O giorni; rimozione dell'endocarpo o scarificazione (incisione meccanica esterna) con ac. solforico per 2-4 ore, seguita da trattamento con ac. gibberellico a 4OO ppm per 24 ore. Emergenze precoci ed uniformi si ottengono con irraggiamento con raggi gamma (O,5-5 Krad) ottenendo dal 6O% al 98% di germinazione. La semina si esegue normalmente in primavera e comunque sempre dopo la fine dei freddi. La moltiplicazione mediante il prelievo di talee semilegnose nel mese di giugno da buoni risultati. Queste dovranno essere prelevate dai rami basali, avere lunghezze di 1O- 15 cm e trattate con ormoni radicanti come IBA a 5O mg/l per 1O ore, messe in sabbia a 2 cm di profondità e coperte con fogli di plastica per ridurre l'evapotraspirazione. Buoni risultati si ottengono impiegando i polloni radicali di cui la pianta è ricca. Si possono prelevare in autunno o in giugno e trattati sempre con IBA 1OOO ppm. È possibile moltiplicare il giuggiolo anche con la margotta di ceppaia. Risultati negativi si hanno ricorrendo alle talee legnose e semilegnose provenienti da rametti fruttiferi. Le piante possono poi essere innestate con innesto a gemma eseguito in primavera su portainnesti franco. Le marze si dovranno prelevare nei mesi di febbraio e gennaio dagli assi principali. Nel 1983 sono state fatte prove di micropropagazione in vitro con risultati positivi.

Tecniche di allevamento

La forma di allevamento più comune in Italia è quella ad alberello o a forma libera. Il giuggiolo lo troviamo spesso appoggiato ai muri di vecchie case o in mezzo a boschetti, con forme svariate di sviluppo, ad alberello o a cespuglio. In Cina e nell'ex Unione Sovietica l'allevamento del giuggiolo è stato oggetto di studio. Si allevano in vaso libero con distanze comprese fra i 5-7 metri. Non si eseguono nessun tipo di irrigazione, di concimazione e lavorazione del terreno. In Cina sono state fatte prove di allevamento con piante compatte su file binate (2x2x4 mt). Un anno dopo l'impianto vengono impalcati a 7O cm di altezza. Nell'estate successiva si effettua poi un taglio di ritorno sulle branche laterali con accecamento della gemma terminale. Vengono salvaguardate le branchette secondarie. Al quarto anno si procede alla decorticazione degli assi principali, trattando l'impianto con GA 1O ppm. Si effettua la potatura estiva. Con questa tecnica di allevamento l'altezza dei giuggioli rimane al di sotto dei 3 metri, con forte aumento della produzione ed una precoce entrata in fruttificazione. Una pianta può produrre sui 3O-5O Kg di frutti. La forma di allevamento più diffusa in Italia è quella a piramide. Gli americani trattano con etilene (1OO ppm per 2 giorni a 2O gradi cent.) o con ethaphon (1OOO ppm per 2 min.) i frutti, prima dell'invaiatura( cambiamento di colore) per uniformarne la maturazione. I frutti si possono anche conservare in frigo cercando di non fare scendere la temperatura sotto i 3°C.

Avversità
Fra i patogeni abbiamo il Gleosporium spp, un antracnosi che provoca sui frutti delle piccole macchie scure e rotonde che si affondano leggermente nell'epidermide raggiungendo un diametro variabile tra i 4 e i 6 mm. Con l'avanzare della malattia i frutti colpiti cadono a terra. Sono stati inoltre segnalate la Botrytis cinerea Pers. che provoca marciume dei frutti ed avvizzimento fogliare; la Phakopsora zizyphi vulgaris Diet., o ruggine del giuggiolo, segnalate in Cina, Giappone, Florida; la Cercospora jujubae Clow in India e negli Stati Uniti; la Phillosticta zizyphi Thorm in Portogallo e Stati Uniti. Una batteriosi che provoca il tumore del colletto è provocata da Agrobacterium tumefaciens (Set T) Conn.. Tra gli insetti si trova la Carpomya vesuviana (Costa) e C. incompleta (Beck), due mosche molto simili che in Italia compaiono con una sola generazione all'anno.
L'adulto verso la fine di luglio depone le uova sotto l'epidermide del frutto provocando dei fori con l'ovopositore. La larva si nutre della polpa scavando delle gallerie nel frutto. Al termine del suo sviluppo esce all'esterno creando un foro abbastanza grande. Le giuggiole colpite maturano parzialmente e precocemente cadendo poi a terra. Un lepidottero, Carposina sasa Kii Mats. è stato il fitofago più pericoloso in Cina, andando a distruggere una percentuale elevata di raccolti. Altri insetti sono la Cydia molesta, Ceratitis capitata. In Cina è stata anche segnalata una virosi che provoca dei mosaici sulle foglie.


UTILIZZAZIONE DEI FRUTTI

I frutti del giuggiolo si possono consumare sia freschi sia essiccati. Si possono utilizzare per preparare marmellate, sciroppi e dolci. In Cina rappresentano un ingrediente per la preparazione di pani, bevande, dolci e canditi. Il contenuto in zuccheri e proteine è simile a quello dei fichi. Molto rilevante è la quantità di vitamine B1, B2, C e P. Nella farmacopea popolare vengono utilizzati per uso esterno per le proprietà lenitive ed antinfiammatorie, come emolliente ed espettorante.

Azzeruolo

HABITAT
Originario dell'Asia minore si trova spontaneo e quindi allo stato selvatico oppure oggetto di coltivazione in tutti i paesi del bacino del Mediterraneo, in alcuni paesi dell'Africa settentrionale e nel meridione della Russia. Venne introdotto in Europa nel 16OO. È una pianta rustica che non ha problemi di clima e di terreno e può essere coltivato in tutte le regioni italiane fino all'altitudine di 8OO-1OOO m al nord e 12OO-14OO m al centro-sud. Le regioni italiane nelle quali tale specie è più diffusa sono la Liguria, il Piemonte, la Toscana, l'Emilia Romagna e la Sicilia
DESCRIZIONE BOTANICA


La specie presenta sensibili differenze tra una pianta e l'altra dovute ad incroci spontanei avvenuti tra piante cresciute allo stato selvatico. È una pianta di modeste dimensioni che può raggiungere i 5-6 m di altezza, di aspetto talvolta cespuglioso. L'apparato radicale delle piante nate da seme si presenta sufficientemente sviluppato, consentendo una buona resistenza alle prolungate siccità. Il tronco presenta una corteccia di colore che varia dal grigio chiaro al marrone scuro a seconda delle varietà. I rami principali si sviluppano irregolarmente e si presentano in qualche caso ricchi di nodi e di numerosi rametti secondari. I rami di 1-2 anni presentano una corteccia di colore variabile dal grigio chiaro al grigio scuro e al marrone scuro rispettivamente nell'azzeruolo rosso, bianco o giallo. I rami delle piante spontanee di azzeruolo rosso presentano robuste e pungenti spine che rendono difficoltosa la raccolta.

Le foglie dell'azzeruolo bianco assomigliano a quelle del biancospino portando spesso due stipole a contorno seghettato; la pagina fogliare, di colore verde intenso, manifesta una laciniatura (suddivisione del lembo fogliare) che può arrivare in qualche caso fino alla nervatura principale. Nell'azzeruolo rosso la foglia è intera, di forma ovale, verde nella pagina superiore e più chiara in quella inferiore. Il contorno fogliare è seghettato ed il picciolo è sprovvisto di stipole.
Nell'azzeruolo giallo le foglie sono grandi, ovali, prive di stipole, di colore verde lucente. I fiori sono riuniti in corimbi che sviluppano all'apice dei rametti di 1 anno. Sono piccoli, bianchi, ermafroditi e per ogni corimbo sono presenti circa 2O fiorellini. La fioritura avviene fra la seconda decade di maggio e la prima decade di giugno. I frutti sono di forma appiattita, con buccia di colore arancione, rosso e giallo chiaro in funzione delle varietà. La polpa del frutto maturo è tenera, di colore giallo crema o verde chiaro di sapore dolce acidulo gradevole.
Varietà
Come si è già detto si conoscono tre varietà di azzeruolo. L'azzeruolo bianco o moscatello, è una pianta mediamente vigorosa con portamento semi eretto, rami privi di spine. Entra in produzione a partire dal quarto anno di impianto. I frutti sono di pezzatura medio grossa, 1O-15 g di peso, leggermente appiattito e con buccia di colore bianco tendente al giallo pallido. La polpa con il frutto in piena maturazione è tenera, dolce e gradevole. L'azzeruolo rosso, detto di Romagna, ha portamento espanso con rami muniti di spine. Entra in produzione verso il quarto-quinto anno d'impianto. Il frutto è di colore rosso solo in piena maturazione, di forma rotondeggiante e di peso compreso fra gli 8 e i 1O g. La polpa è soda e di colore bianco verdastro con sapore dolce acidulo. L'azzeruolo giallo, detto del Canada è una pianta vigorosa e portamento semi eretto e con rami senza spine. Fiorisce 8-1O giorni prima rispetto alle altre due varietà. I frutti sono piccoli, tondi e di pezzatura superiore alle bacche del biancospino. La buccia e la polpa sono di colore giallo. Il sapore del frutto è dolce, poco acidulo, di consistenza farinosa. La pianta entra in produzione verso il quarto-quinto anno dall'impianto.
TECNICA COLTURALE

Propagazione
La riproduzione mediante seme è possibile solo per le varietà a frutto rosso e giallo. Le piante che si ottengono sono destinate a parchi e giardini con scopo ornamentale o per ottenere dei nuovi portainnesti. I semi dell'azzeruolo bianco spesso non germinano. La tecnica più diffusa di moltiplicazione è quella per innesto. L'azzeruolo si può innestare su: - biancospino; è il portainnesto più indicato per la buona affinità, la rusticità e la capacità di adattamento di questa specie alle diverse condizioni climatiche e di terreno; - cotogno, sul quale la pianta presenta vita molto breve e fenomeni di disaf-finità; - franco, sul quale si ottengono piante vigorose e con buona affinità di innesto; - nespolo e pero selvatico, sui quali raramente si innesta causa frequenti fenomeni di disaffinità. Le tecniche di innesto utilizzate sono quelle a triangolo, a doppio spacco inglese e a corona.
Terreno
La pianta cresce su tutti i tipi di terreno preferendo quelli asciutti, di medio impasto tendente allo sciolto, con pH neutro o leggermente alcalino. Rifugge i terreni compatti, umidi o soggetti a frequenti e prolungati ristagni idrici. Predilige esposizioni a sud-est o a sud-ovest. Vegeta anche nei terreni dotati di scarsa fertilità e resiste a temperature invernali di -25°C. La messa a dimora della pianta avviene nel mese di novembre, a poca profondità e con la zona di innesto fuori terra, spuntandola all'altezza di 1,5 m e legandola ad un paletto tutore. È consigliabile apportare sostanza organica al momento dell'impianto.
Allevamento
La forma di allevamento è quasi sempre libera con impalcatura delle prime branche all'altezza di 1-1,5 m. Con questo sistema gli azzeruoli bianco e giallo raggiungeranno un'altezza di 5-6 m con forma a fuso mentre l'azzeruolo rosso non supererà i 4 m assumendo una forma globosa. La potatura nella fase di allevamento avrà lo scopo di mantenere in equilibrio lo sviluppo delle branche che formeranno la chioma. I polloni di ceppaia e i rami avventizi dovranno essere mantenuti tagliati. La potatura di produzione viene eseguita ogni 2-3 anni sfoltendo la chioma ed eliminando i rami vecchi, rotti o colpiti da qualche malattia. Si sconsiglia la lavorazione del terreno in quanto le radici sono superficiali. Si esegue quasi sempre l'inerbimento con falciatura periodica dell'erba.
Avversità
Sono stati riscontrati attacchi di afidi.


UTILIZZAZIONE DEI FRUTTI

La maturazione dei frutti avviene in maniera uniforme. L'azzeruolo giallo matura e si raccoglie dalla seconda decade di agosto mentre il bianco e il rosso dalla prima alla seconda decade di settembre. La raccolta dell'azzeruolo bianco si esegue all'inizio della fase di maturazione per evitare lo schiacciamento del frutto e il distacco del picciolo con parte di polpa. L'azzeruolo rosso va raccolto quando il frutto manifesta sull'intera superficie il colore rosso. Con il terreno inerbito è possibile eseguire la raccolta dei frutti caduti per terra. La conservazione dei frutti può avvenire in frigorifero a 3-4 gradi per un periodo di 3O-35 giorni. La conservazione dei frutti fuori dal frigorifero è limitata a 2-3 giorni. I frutti vengono consumati allo stato fresco oppure per la produzione di marmellate, gelatine, sciroppi, distillati.

Cotogno


Habitat
È originario di una zona vasta a Nord dell'Iran e delimitata dal Mar Caspio e della catena Caucasica. È coltivato in tutti i paesi del bacino del mediterraneo. In Italia viene coltivato in quasi tutte le regioni.

DESCRIZIONE BOTANICA
Il cotogno è una pianta arborea alta fino a 6-7 m con una chioma che può raggiungiere una larghezza di 5 m. L'apparato radicale è superficiale, il tronco è contorto con corteccia bruno nerastra e con rami giovani finemente pelosi.
Sui rami di 1-2 anni la corteccia è liscia di colore marrone scuro. Le foglie sono ovali, oblunghe, stipolate, consistenti di colore verde scuro sulla pagina superiore e ricoperte di una peluria grigia inferiormente.
I fiori si formano sui rametti corti dei rami di 1 o più anni, sono bianchi o rosa pallido con diametro di 4-5 cm. La fioritura è tardiva e avviene dopo quella del pero e del melo verso la fine di aprile, prima metà di maggio. Il frutto è di dimensioni variabili, di forma rotondeggiante e oblunga, talvolta gibboso ed irregolare, molto profumato e giallo alla maturazione.
È ricoperto di una fitta peluria di colore castano chiaro che si elimina facilmente quando il frutto è maturo. La polpa è di colore giallo chiaro consistente,non molto fine e di sapore poco dolce, acidulo e molto astringente per l'elevato contenuto in tannino. I semi sono numerosi, hanno forma irregolare e spesso sono raggruppati insieme per effetto di formazioni mucillaginose.

Varietà
Il cotogno viene spesso definito impropriamente come melo e pero con i quali non ha niente a che fare. Il cotogno da frutto non va confuso con i comuni cotogni selezionati per fare portainnesti del pero, del sorbo, del nespolo, dell'azzeruolo etc. Le varietà di cotogno sono numerose e per facilità vengono classificate in due gruppi:
- frutti a forma di mele con le varietà di Portogallo, di Tencara, di Mallesca;
- frutti a forma di pera: gigante di Vranic, De Le Scovatz, De Berecsk, di Smirne.

TECNICA COLTURALE

Propagazione
Si ricorre alla semina solo se servono piantine per fare dei portainnesti. Generalmente si utilizza la tecnica dell'innesto. I portainnesti possono essere piante di biancospino che riducono la vigoria e lo sviluppo del cotogno formando un grosso callo nel punto di innesto; il cotogno da seme o le selezioni di cotogno di provenza, BA29, CTS212; il pero e l'azzeruolo.
Anche con la talea legnosa, prelevata in ottobre-novembre e lunga 2O-3O cm, unitamente ad una porzione di ramo portante, dà origine a nuove piantine. Vengono spesso utilizzate la radicazione dei polloni e la propaggine.

Terreno e Clima
Il cotogno avendo apparato radicale superficiale risente della siccità persistente. È sensibile al calcare del terreno. Predilige terreni freschi, profondi, permeabili, ricchi di sostanza organica e senza ristagni idrici. La pianta non soffre le brinate tardive in quanto la fioritura avviene in ritardo. Sopporta temperature invernali anche di -3O°C

Allevamento
L'impianto si esegue in posizione soleggiata da novembre a marzo. Le lavorazioni del terreno devono essere superficiali e dove è possibile irrigare si può ricorrere all'inerbimento del terreno. La forma più adottata di allevamento del cotogno è quella ad alberello o libera con l'impalcatura a 15O cm dal terreno. La pianta entra in produzione al 3°-4° anno dall'impianto.

La potatura di produzione deve avvenire con un numero di tagli ridotti limitandosi ad asportare i rametti danneggiati e quelli troppo fitti; questa operazione spesso si esegue ad anni alterni. Una potatura razionale, eseguita annualmente spesso riduce l'alternanza di produzione.
Andranno periodicamente asportati i ricacci di polloni dal ceppo che si verificano quando si usano portainnesti come il biancospino e il cotogno. L'apporto di letame è sempre consigliabile.

Avversità
Normalmente non si riscontrano grossi attacchi fungini e parassitari. Le malattie che colpiscono il cotogno sono le stesse del melo.Si segnala la presenza di carcocapsa o verme dei frutti ai primi di luglio o di agosto. La monilia deturpa i frutti colpiti.